SISTEMA D’ARMA
QCX-76A JORMUNGAND
[ヨルムンガンド (YORUMUNGANDO)]
[adattato da: “MS IGLOO Complete Creation Data Collection”, pag. 80-81]
Operare un bombardamento fuori dalla portata del nemico, con un devastante attacco a sorpresa dal sicuro effetto psicologico è una tattica risalente a molto prima dell’Universal Century, che però si pensa possa essere efficace anche nel combattimento tra flotte spaziali. L’utilizzo di missili a lunga gittata, il cui controllo è reso impraticabile dalla presenza delle particelle Minovsky, diviene definitivamente obsoleto con il diffondersi di armi a raggi ed a particelle. Nasce quindi l’esigenza di una diversa arma da utilizzare sui campi di battaglia della nuova era. Partendo da queste premesse, l’esercito del Principato realizza il QCX-76A Jormungand, integrando il progetto per un pezzo d’artiglieria di seconda generazione, risalente agli ultimi anni della repubblica di Zeon, con il prototipo di un gigantesco cannone che spara plasma generato da fusione nucleare. La sua straordinaria capacità offensiva è volta a superare le più recenti tecnologie di protezione dalle armi ad energia direzionale quali: rivestimenti basati sulla nano-ottica laser anti-raggi X, scudi ad ablazione per vaporizzazione e dispositivi a semi-trasparenza critica.
Con una lunghezza totale di 231 metri, paragonabile a quella di un incrociatore leggero di classe Musai, e capacità di movimento autonomo, lo Jormungand porta all’estremo il concetto di cannone spaziale. Secondo il piano iniziale, il suo raggio avrebbe dovuto derivare dall’esplosione di una bomba all’idrogeno di tipo tradizionale; tuttavia, il plasma ad altissima temperatura generato da un reattore a fusione compatto Minovsky-Ionesco portato al massimo può essere controllato più facilmente, grazie alla schermatura di tipo elettromagnetico usata nei motori ad impulso nucleare.
Il processo di sparo è piuttosto articolato, ma avviene in modo relativamente semplice, e ciò garantisce una minore usura della canna; in ogni caso, l’intero sistema comprende un’accurata serie di controlli, volti ad evitare ogni minimo danno alla struttura.
Il caricamento comincia dal blocco di combustione dell’impianto energetico, dove i proiettili prendono forma quando il nucleo del generatore a fusione Minovsky-Ionesco raggiunge una potenza stazionaria dell’ordine di 200 MW.
Questa fase è però molto dispendiosa, dato che l’energia necessaria alla produzione di un solo proiettile corrisponde più o meno al costo di costruzione di 3 Zaku.
Dopo che il colpo è caricato, nella postazione di comando viene premuto il grilletto: il plasma ha ora una potenza stazionaria di 1,5 GW, e si trasferisce al blocco di accumulo, protetto da un adeguato campo elettromagnetico. Qui, il gas ionizzato si presenta come un vortice, chiamato “vortex” o “turbine ad anello”; la sua pulsazione di 100000 giri al secondo permette di focalizzare una forma detta punta di plasma (plasma spike), dalla quale si distacca un plasmoide, cioèun ammasso di plasma ad alta temperatura e velocità . In altre parole, ogni secondo dall’anello si producono diecimila estrusioni, poi compattate in un plasmoide, che si dirige quindi verso la camera di accumulo anteriore ed infine viene spinto attraverso la canna.
Prima di arrivare alla bocca del cannone, però, l’accumulo di gas ionizzato riceve un’ulteriore incremento di potenza da parte degli 8 iniettori supplementari (assist injector) montati ai lati del corpo centrale. Ciascuno di essi è dotato di un piccolo motore ad impulso nucleare che immette elettroni e nuclei di elio (ioni pesanti) nel plasma. Ciò fa aumentare grandemente la velocità di rotazione a vite del plasmoide, e quindi la sua potenza distruttiva, conferendogli allo stesso tempo maggiore stabilità . Le 4 coppie opposte di iniettori servono anche ad indirizzare il percorso del plasmoide quando esso giunge al blocco di regolazione. Gli ioni di regolazione forniscono la giusta carica negativa, mentre un campo magnetico provvede a correggere la curvatura del raggio di plasma (plasma beam). Il plasmoide viene sparato quando ha un diametro di 10 m, un volume approssimativamente stabile e l’apporto di ioni fa variare la luminescenza: questo indica che si è arrivati all’enorme potenza distruttiva di 500 TJ. Dopo lo sparo, comincia il raffreddamento di tutte le sezioni. Per il blocco di combustione, quello di accumulo e gli iniettori supplementari viene usato metallo liquido emesso da un apparato esterno di refrigerazione (pannelli di raffreddamento); la canna invece emette gas caldi da bocche di sfogo a ventilazione forzata (apparato di raffreddamento muzzle flush).
Lo Jormungand è dotato di propulsori propri, ma per non sottrarre risorse alla capacità di fuoco, questi sono di potenza limitata, inadatti a lunghi spostamenti; pertanto, l’arma viene condotta sul campo di battaglia con una nave da trasporto, smontata in quattro sezioni: generatore del plasma (comprendente blocco di combustione e blocco di accumulo), blocco booster posteriori, booster anteriori, infine il compartimento per l’emissione del plasma che include la canna. Una volta che la struttura è riassemblata, viene effettuato la taratura per il tiro, grazie anche alle indicazioni di puntamento indiretto provenienti da un veicolo di osservazione. L’installazione di un sistema ottico di mira posto ai due lati dell’estremità anteriore della canna consente un allineamento visuale diretto, che garantisce una maggiore precisione, ma il controllo principale del QCX-76A avviene tramite una postazione aperta non pressurizzata, montata su un braccio collegato alla sezione che genera il plasma.
Nonostante la sua gittata superiore e la potenza distruttiva del suo raggio, lo Jormungand non è però esente da difetti. Ad esempio, i proiettili hanno un costo elevato e la canna manifesta problemi di raffreddamento che allungano l’intervallo di tempo necessario fra un colpo e l’altro. Inoltre, la portata di tiro cambia a seconda delle regioni di spazio in cui l’arma viene utilizzata: in condizioni ideali, la gittata effettiva è superiore ai 20000 km, ma si riduce a meno di 1200 km sul lato diurno dell’orbita lunare, a 800 km nella regione di separazione fra giorno e notte, a 400 km sul lato di tarda notte, a 200 km sulle fasce di Van Allen. Nella ionosfera in vicinanza della Terra è di “soli” 200 km. Tolti questi aspetti negativi, la mobilità e la gittata del QCX-76A ne fanno la più potente arma di artiglieria del suo periodo. Se il conflitto della Guerra di un Anno fosse stato incentrato solo sulle battaglie tra flotte spaziali, non è difficile immaginare il valore e l’influenza di questo cannone. Tuttavia l’entrata in campo dei mobile suit ha sfavorito lo Jormungand, rendendolo ormai obsoleto per quel momento storico.
Sembra comunque che il QCX-76A, dopo aver perso il suo ruolo di “arma decisiva”, sia stato usato come base per lo sviluppo dei cannoni giganti di tipo Colony Laser. È opinione comune che sia esistito anche un piano per usarlo a difesa di Granada, ma non si hanno prove della sua veridicità .
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